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Versione italiana a cura di Dario Ventra |
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RABDOMANZIA
Alcuni rabdomanti applicano i propri sforzi e strumenti, solitamente dei
pendoli, anche all’analisi di mappe e carte, sulle quali tentano di stabilire
l’esatta localizzazione di idrocarburi, risorse idriche o minerarie, persone,
ecc. Ad ogni modo il prototipo del rabdomante resta per tutti quello di
campagna, in perlustrazione su una certa area, armato della sua forcella,
magari alla ricerca di acqua. Allorchè la persona viene a trovarsi al di sopra
di una riserva d’acqua, la forcella punterà verso il basso (alcuni rabdomanti
invece usano due bacchette, le quali dovrebbero incrociarsi una volta trovata
l’acqua). Varie ipotesi sono state proposte per spiegare perché gli strumenti
rabdomantici dovrebbero reagire alla presenza di qualcosa: campi
elettromagnetici o sottili influssi geologici, ESP e varie altre
giustificazioni paranormali, ma anche suggestione dettata da altri presenti o
da precedenti osservazioni geofisiche. La maggiorparte degli scettici accetta
la spiegazione di William Carpenter (1852): la bacchetta si sposterebbe grazie
a una forza motoria involontaria, detto “azione ideomotoria”. LA RABDOMANZIA FUNZIONA DAVVERO? Molto più interessante di come una bacchetta possa mai muoversi è la questione
riguardante se la rabdomanzia funzioni effettivamente. Ovviamente molti credono
di sì, dato che la rabdomanzia, come molte altre arti divinatorie, esiste da
millenni. Vi sono grandi associazioni di rabdomanti sia in America che in
Europa, e tali soggetti praticano comunemente la loro attività in varie parti
del mondo ogni giorno. Alcuni scienziati in anni recenti hanno addirittura
avanzato prove scientifiche di come la rabdomanzia possa funzionare, quindi
deve pur esserci qualcosa sotto, o così sembrerebbe… Le testimonianze in favore dei rabdomanti e i loro osservatori
rappresentano la principale prova a sostegno della rabdomanzia. L’evidenza è
alquanto semplice: i rabdomanti trovano ciò di cui sono in cerca, e possono
ripetere simili prestazioni molte volte. E quale prova migliore potrebbe essere
richiesta? Il fatto che tali eventi di “rabdomanzia e associato rinvenimento di
qualcosa” siano ricorrenti porta sia i praticanti che i loro sostenitori
a creare automaticamente un nesso causale: si tratta di un errore logico del
tipo post hoc, comunemente alla base di molte credenze in fenomeni e
poteri paranormali. Essenzialmente è un modo di ragionare né valido né
scientifico: pensare in modo scientifico richiede costante vigilanza contro
l’autoinganno e cautela nell’affidarsi a semplici intuizioni e sensazioni,
invece che a rigorose e precise procedure empiriche o affermazioni ipotetiche e
non verificate. Ogni esperimento controllato condotto sulla rabdomanzia,
compreso il “caso Scheunen” sotto riportato, ha dimostrato che i rabdomanti non
hanno migliori probabilità di trovare ciò che cercano di quante ne avrebbe la
pura casualità. La maggiorparte dei rabdomanti non si preoccupa di dubitare minimamente
delle proprie doti, né si chiede se per caso l’autoillusione possa giocare un
ruolo. Essi non prendono mai in considerazione l’opportunità di compiere test
scientificamente controllati riguardo ai propri poteri, ritenendo che anni di
successi siano una prova sufficiente. Quando però vengono messi alla prova con
procedure scientificamente valide e falliscono, reagiscono generalmente con
genuina meraviglia! Un esempio tipico può essere quanto successe allorchè James
Randi mise alla prova alcuni rabdomanti secondo una procedura sulla quale essi
avevano concordato: se fossero stati in grado di localizzare acqua in condotte
sotterranee con l’80% di successi, avrebbero vinto 10.000$ (ma il prezzo ad
oggi è salito a ben oltre un milione di dollari!). Tutti i rabdomanti fallirono
il test, sebbene ognuno sostenesse di avere ottenuto molti successi nel trovare
acqua ricorrendo a svariati metodi e strumenti non scientifici, inclusi i
famosi pendolini di cui sopra. Secondo Randi, “quel che è triste è che questi
rabdomanti non sono migliori di chiunque altro a localizzare dell’acqua.
Scavate un pozzo quasi ovunque in un’area dove sia geologicamente plausibile
trovarne, e la troverete!” Una delle esperienze più nettamente favorevoli alla rabdomanzia fu compiuta in Germania: il cosiddetto
esperimento Scheunen, o “del granaio”. Negli anni 1987 e 1988 oltre
cinquecento rabdomanti parteciparono a più di 10.000 test in doppio cieco nei
pressi di un fienile vicino a Monaco di Baviera (Scheune in tedesco
significa granaio). A seguito di tali prove, i ricercatori affermarono di aver
confermato empiricamente l’esistenza di “un concreto fenonemo rabdomantico”. Jim
Enright, dello Scripps Institute of Oceanography negli Stati Uniti, valutò i
loro dati e concluse che il presunto “concreto fenomeno rabdomantico” potesse
essere ragionevolmente attribuito al caso. La sua discussione è alquanto lunga,
ma ne riportiamo qui sotto un assaggio:
ANCORA
UNO STUDIO TEDESCO… Altre evidenze a sostegno della rabdomanzia sono state presentate dalla Deutsche Gesellschaft für Technische Zusammenarbeit (GTZ) [Società Tedesca per la Cooperazione Tecnica; N.d.T.], sponsorizzata dal governo tedesco. Essi affermano, per esempio, di aver ottenuto fino all’80% di successi nelle loro prove, “con risultati che, secondo esperti riconosciuti, non potrebbero essere conseguiti con altri metodi classici, se non impiegando risorse sproporzionate.” Particolarmente interessante è un rapporto del fisico Hans-Dieter Betz, dell’Università di Monaco, Unconventional Water Detection: Field Test of the Dowsing Tecnhique in Dry Zones, pubblicato nel 1995 sul Journal of Scientific Exploration (si tratta dello stesso Betz che ha firmato un libro, insieme a J.L. König, sui test condotti dal governo tedesco riguardo l’abilità di presunti rabdomanti di individuare i raggi E). Il rapporto copre un lasso di tempo di dieci anni ed oltre 2.000 perforazioni effettuate in Sri Lanka, Zaire, Kenya, Namibia, Yemen e altri paesi. Particolarmente impressionante sembra essere un 96% di successi conseguiti su 691 perforazioni nello Sri Lanka. “Sulla base di esperienze geologiche nella regione, ci si sarebbe potuto attendere un 30-50% di successi operando secondo tecniche convenzionali”, sostiene Betz. “Quel che più lascia perplessi, per quanto si riveli estremamente prezioso, è che in centinaia di casi i rabdomanti sono stati capaci di predire la profondità della sorgente d’acqua e anche la portata del pozzo, con uno scarto massimo del 20%. Abbiamo attentamente vagliato le statistiche su tali correlazioni, e superano di molto la semplice fortuna.” Betz escluse il caso e l’analisi del paesaggio e dei tratti geologici locali da parte dei rabdomanti nello spiegarne i successi. Egli escluse anche il concorso di “qualche sconosciuta sensibilizzazione biologica all’acqua”, ritenendo invece che vi potessero essere “deboli gradienti elettromagnetici” derivanti da fessurazioni e flussi idrici, che inducono cambiamenti nelle proprietà elettriche di rocce e suoli. Secondo lui, i rabdomanti sono in grado di avvertire in qualche modo tali gradienti grazie a una condizione di ipersensibilità. “Sono uno scienziato,” dichiara Betz, “e queste sono le migliori ipotesi scientificamente plausibili che io possa avanzare al momento… Abbiamo stabilito che la rabdomanzia funziona realmente, ma non abbiamo idea di come e perché.” Vi sono tuttavia degli elementi dubbi fra le conclusioni di Betz. La maggiorparte delle sue affermazioni riguardano un solo rabdomante di nome Schröter, e non si conosce nè chi lo abbia visto in azione, né in quali condizioni operative. Betz inoltre è un fisico, e resta da chiarire quali siano le sue competenze in idrogeologia, per non parlare del fatto che le sue speculazioni sull’ipersensibilità rabdomantica ai gradienti elettromagnetici non sembra basata su alcun dato scientifico. Ad ogni modo l’ipotesi non è mai stata verificata, e non sono sicuro di come ciò potrebbe essere fatto. Quanto meno però ci dovremmo aspettare che anche strumenti geofisici siano in grado di cogliere tali “gradienti elettromagnetici”. Allorchè altri hanno condotto esperimenti controllati sulla rabdomanzia, i soggetti non hanno saputo fare di meglio del caso o di altre persone non dotate di poteri rabdomantici (Vogt and Hyman; Hyman; Enright 1995, 1996; Randi 1995). Alcuni dei dati di Betz certamente non sono scientifici, come ad esempio le valutazioni soggettive da parte dello stesso Schröter in merito alle proprie qualità rabdomantiche. Gran parte dei dati non consiste in altro che un rapporto dell’attività di Schröter e di come questi sia stato in grado di localizzare dell’acqua. Betz presume che né il caso né analisi idrogeologiche convenzionali avrebbero mai potuto fornire esiti migliori, ma a questo punto facciamo notare che potrà benissimo essere vero che i successi conseguiti con tecniche rabdomantiche in una certa area siano stati del 96%, e che “nessuna zona di prospezione, con sottosuolo di natura analoga, è nota aver mai dato risultati così sorprendenti”; tuttavia questo non avvalora l’ipotesi che la presunta rabdomanzia abbia avuto niente a che fare con tutto ciò. Analoghe condizioni del sottosuolo sembrano un fattore al contorno insufficiente per giustificare la conclusione che la rabdomanzia renda conto dei successi, piuttosto che il puro caso o l’avvenuta osservazione di caratteri geologici o del paesaggio. Pare che Betz avesse compreso che senza un qualche genere di verifica indipendente nessuno avrebbe voluto ragionevolmente accettare l’accertamento definitivo della rabdomanzia come fenomeno reale sulla sola base dei suoi dati, sopra discussi. Egli propose quindi dei “test” ulteriori, il primo dei quali vide Schröter nuovamente protagonista. Una squadra di perforazione norvegese scavò due pozzi, fallendo in entrambi i casi la scoperta di acqua, mentre il rabdomante non solo fece centro, ma seppe addirittura predire profondità della falda e le portate in gioco. Apparentemente però tutto questo dobbiamo crederlo sulla parola data dal rabdomante stesso, il che lo rende ben poco attendibile come verifica della rabdomanzia, non importa quanto apparentemente stupefacente! In un secondo test, Betz asserì che i rabdomanti sapevano individuare la profondità cui si trova l’acqua “in quanto le rilevanti sensazioni biologiche nel corso della rabdomanzia sono sufficientemente diverse da consentire i necessari processi di distinzione ed eliminazione.” Ma non vi è alcun riscontro a una simile affermazione. Ad ogni modo, al nostro Schröter fu nuovamente chiesto di individuare un punto e scavare, ed eccolo di nuovo cogliere nel segno: ma stavolta il suo pozzo si trovava nelle vicinanze di un altro già attivo e di riconosciuta importanza. Betz osservò che certe formazioni rocciose nell’area specifica avrebbero reso più difficili le predizioni del rabdomante, ma un’altra volta dobbiamo ribattere che tutto questo non aveva a che vedere con la conferma scientifica della rabdomanzia come dote in sé. La terza
prova fu una specie di gara fra il rabdomante e una squadra scientifica di
idrogeologi, dei quali non sappiamo niente di particolare, se non che
studiarono una certa area e vi individuarono quattordici punti dove perforare.
Il rabdomante successivamente si mosse nella stessa area dopo le
osservazioni dei geologi e scelse sette punti di perforazione (come mai il
numero di punti prescelti non fu lo stesso per entrambe le prove non ci è dato
sapere). Un punto da cui si ottenesse una portata di 100 litri al minuto era da
considerarsi buono: gli idrogeologi ne trovarono tre, e il rabdomante sei.
Chiaramente fu quest’ultimo a uscirne vincitore, ma anche un test del genere
non prova ancora nulla nei riguardi della rabdomanzia. Io credo invece che il
Sig. Schröter dovrebbe bussare alla porta di James Randi qualche volta e
mettere alla prova i suoi poteri paranormali in condizioni controllate: se è
bravo come sia lui che Betz sostengono, dovrebbe almeno uscirne come un uomo
arricchito! Betz ha prodotto un lungo rapporto finale, consistente in poco altro che la sua testimonianza a favore delle doti di Schröter, nonché una reiterazione della affermazioni fatte in merito all’esperimento Scheunen. In effetti sarebbe stato meglio se avesse organizzato un esperimento controllato e in doppio cieco, in cui al rabdomante in questione non fosse consentito conoscere le condizioni sperimentali e in cui non fossero in gioco tante variabili non controllate quante ve ne furono in ben dieci anni dei suoi esperimenti precedenti. Riferimenti bibliografici e sul Web |
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Last
updated 11/21/10 |