![]() di Robert Todd Carroll
Versione italiana a cura di Dario Ventra |
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ARGOMENTO DEL PROGETTO DIVINO (o PROGETTO
INTELLIGENTE; ARGUMENT FROM DESIGN) L’argomento del progetto divino sarebbe una delle
“prove” dell’esistenza di Dio. Nella sua forma più semplice, esso deduce,
dall’ordine e dalla bellezza dell’universo, l’esistenza di un suo progettista e
creatore intelligente. L’argomento è stato accusato di essere una petizione di
principio: al fine di dimostrare l’esistenza di un creatore, si presuppone che
l’universo sia stato progettato. Esso inoltre ignora l’evidenza: oltre che di
bellezza e magnificenza, l’universo è anche pieno di… Beh, per essere delicati
diciamo che è pieno di oscenità! Forse dovrei essere più preciso, ma suppongo
che il lettore capisca a cosa alludo: bambini che nascono senza cervello; brava
gente che patisce torture mostruose come le neurofibromatosi; gente un po’ meno
brava che prende la tintarella godendosi
potere, reputazione, ecc.; vulcani che esplodono; terremoti che
squassano il pianeta; uragani e trombe d’aria che spazzano via migliaia di vite
in un solo giorno. Se è ingiusto definire oscenità cose del genere, a che si
riferiscono i teisti parlando sconsideratamente di male morale e fisico??
L’affermazione fatta da molti sostenitori del “Progetto Intelligente”, che tali
miserie ci sembrano tali solo perché ne ignoriamo la visione divina, non
potendone dunque apprezzare il vero valore, si confuta da sé: se non possiamo
distinguere fra ciò che è bene e ciò che è male, ammesso che vi sia un
progetto, non possiamo nemmeno giudicare se esso sia buono o cattivo. L’ARGOMENTO DI PALEY
Una delle più note varianti dell’argomento prevede
l’analogia con un orologio. William Paley (1743-1805), arcidiacono di Carlisle,
scriveva nella sua Teologia Naturale (1802): “Supponiamo che attraversando la
brughiera io inciampi in una pietra, e mi si chieda poi come quella pietra sia
arrivata fin lì; potrei rispondere che, per quanto ne sappia, la pietra sta lì
da sempre, e forse non sarebbe facile cogliere l’assurdità di questa risposta.
Ma supponiamo che io abbia trovato per terra un orologio, e mi si chieda come
abbia fatto a trovarsi lì. Difficilmente potrei dare la stessa risposta di
prima, e cioè che, per quanto ne sappia, l’orologio si trova lì da sempre.” Il motivo, egli dice, per cui è impossibile pensare
che l’orologio sia lì da sempre, è che è evidente come le parti dell’orologio
siano state assemblate per uno scopo. È inevitabile che “l’orologio abbia avuto
un artefice”, mentre la pietra non presenta uno scopo rivelato dalla complessa
disposizione delle sue parti. LA RISPOSTA DI DARROW
Naturalmente, si potrebbe attaccare l’argomentazione
di Paley dicendo, come fece Clarence Darrow, che alcune pietre sono altrettanto
stupefacenti di un orologio; esse, infatti, sono complesse e potrebbero essere
state progettate per un qualche scopo a noi ignoto, e comunque, “in seguito ad
un esame approfondito e uno studio accurato, la pietra … non è meno
meravigliosa dell’orologio.” Sia come sia, il punto di Paley non era che gli
orologi fossero per loro natura più interessanti delle pietre, ma che la
fabbricazione di un orologio può essere vista come analoga alla creazione
dell’universo intero. L’orologio implica un progettista intelligente. Questo
fatto, dice Paley, non verrebbe smentito dalla scoperta che magari l’orologio è
progenie di un altro orologio. “Nessuno”, egli afferma, “può ragionevolmente
credere che l’orologio insensibile e inanimato dal quale il nostro orologio
proviene sia la vera causa del meccanismo che in esso tanto ammiriamo, che si
possa veramente dire ch’esso ha costruito lo strumento, disposto le sue parti,
assegnato il loro ordine, i loro compiti e i loro mutui rapporti, e combinato
infine i loro diversi movimenti in un risultato unitario e legato al vantaggio
di altre creature.” Paley prosegue affermando che “gli stessi segni di
progettualità presenti nell’orologio esistono anche nelle opere della natura,
con la differenza che in queste opere sono maggiori e più numerosi, e ciò in
misura superiore ad ogni calcolo.” L’implicazione è che le opere della natura,
perché fosse possibile mettere insieme un meccanismo così meraviglioso come
l’universo, devono aver avuto un progettista di intelligenza suprema. Secondo
Darrow, questa ‘implicazione’ è in realtà un banale assunto. “Per affermare che un certo schema o
processo mostri ordine o sistematicità, uno deve avere un elemento di paragone
con cui valutare se l’oggetto in questione mostri evidenze di essere progettato
o di essere ordinato. Noi abbiamo un elemento di paragone, uno schema generale,
e quello è l’universo stesso, da cui traiamo le nostre idee. Abbiamo osservato
quest’universo ed il suo funzionamento e lo abbiamo definito ordine. Dire che
l’universo è strutturato in base a un ordine di qualche genere equivale a dire
che l’universo è strutturato come l’universo. Non può voler dire altro...” Il punto debole dell’analogia di Paley è che la
credenza che l’universo riveli ordine e scopo è un’assunto. Una delle qualità
di una buona argomentazione per analogia è che le caratteristiche considerate
condivise devono essere veramente condivise. Se esiste un dubbio sul fatto che
uno degli elementi posti a confronto (l’universo) possegga le caratteristiche
condivise più significative (ordine e finalità), allora l’argomentazione per
analogia non è più valida. L’ARGOMENTO DI HUME
Un altro filosofo, David Hume (1711-1776), utilizzò
l’analogia del progetto alcuni anni prima di Paley, nei suoi Dialoghi sulla
religione naturale. Uno dei personaggi, Philo, suggerisce che “se l’universo
appare più simile ai corpi animali e ai vegetali che alle opere umane, è più
probabile che la sua causa sia più simile alla causa dei primi che a quella di
queste ultime, e la sua origine dovrebbe essere attribuita a un processo
generativo o vegetativo, piuttosto che al ragionamento o alla progettualità”
(Libro VII). “Il mondo”, dice Philo, “somiglia chiaramente più a un animale o a
un vegetale che a un orologio o a un telaio. La sua causa, dunque, somiglia più
probabilmente alla causa dei primi. La causa dei primi è generativa o vegetativa.
Possiamo dunque inferire che la causa del mondo è un processo simile o analogo
a quello generativo o vegetativo.” A quanto pare Hume considerava
quest’analogia uno scherzo, ma forse Paley sta ancora ridendo da qualche parte
lassù in cielo? Potrei trovare quest’analogia dell’orologio più
persuasiva circa l’esistenza di uno scopo divino se, mentre l’osservava nel suo
scenario immaginario, l’orologio di Paley, improvvisamente e senza alcun motivo
gli avesse sparato un fulmine attraverso la fronte. Questo sarebbe più in
armonia con l’universo che ho imparato a conoscere e amare. Se l’orologio
potesse trasmettere l’AIDS a chiunque lo tocchi, o contaminare la sua progenie
per innumerevoli generazioni, allora potrei convincermi che quest’orologio è
analogo all’universo ed è esso stesso evidenza di un grande progettista di
qualche genere. L’ORDINE PROGETTUALE APPARENTE
Infine, c’è un argomento popolare e diffuso che
elenca fatti di ordine naturale i quali, se fossero diversi, comporterebbero la
non esistenza del nostro pianeta o della vita su di esso. Viene fatto notare
che non saremmo qui:
Inoltre, osservate tutti i segni dell’esistenza di un
progetto:
Questi fatti sono innegabili: se le cose fossero
diverse, le cose sarebbero diverse. Ma non sono diverse, allora dove sta il
senso di tale argomento? Il Sole un giorno non sarà più in grado sostenere la
vita su questo pianeta. Già adesso non è in grado di sostenerla su molti altri
pianeti. E cosa prova questo in merito al progetto? Nulla. L’asse della Terra è
stato orientato diversamente e tornerà ad esserlo. Un giorno questo pianeta
sarà inabitabile. Cosa prova questo relativamente al progetto, intelligente o
meno? Nulla. Non possiamo negare che senza il concorso di milioni di fattori
non saremmo qui. E allora? Molti di questi fattori non esistevano nel passato e
non esisteranno nel futuro di questo pianeta. Un tempo sulla Terra la vita non
esisteva, e ci sarà un tempo in cui la vita sulla Terra non esisterà più. Un
tempo questo pianeta non esisteva, e ci sarà un tempo in cui non esisterà più.
Cosa prova questo relativamente al progetto? Nulla. Ci sono innumerevoli
pianeti dove non esistono le condizioni necessarie alla vita. Cosa prova questo
relativamente al progetto? Nulla. Si potrebbe argomentare che la probabilità che tutte
le condizioni necessarie alla vita si presentino contemporaneamente è di uno su
un miliardo di miliardi. Ma, poiché siamo qui, la probabilità che ciò sia
accaduto è del 100%. Secondo il ragionamento di
Cressy Morrison: “Supponete infilarvi in tasca 10
monetine contrassegnate con numeri da 1 a 10, e di mescolarle bene. Adesso
cercate di estrarle in sequenza da 1 a 10, rimettendo ogni volta in tasca la
monetina estratta e mescolando nuovamente. Sappiamo che la probabilità
matematica di estrarre come primo il numero 1 è di 1 su 10; quella di estrarre
in successione l’1 e il 2 è di 1 su 100; di estrarre di seguito l’1, il 2 e il
3 è di 1 su 1000, e così via; la probabilità di estrarle tutte nell’ordine da 1
a 10 è di 1 su 10 miliardi. Con lo stesso ragionamento, la vita
sulla Terra esige tali e tante condizioni che esse non possono verificarsi per
puro caso. La Terra ruota sul proprio asse alla velocità di circa 1.600
chilometri orari (per un punto posto all’equatore); se girasse a 160 chilometri
orari, i nostri giorni e le nostre notti sarebbero dieci volte più lunghi, e il
calore del sole brucerebbe la vegetazione durante il giorno, e durante la notte
ogni germoglio sopravvissuto si congelerebbe.” Quella di Morrison è una petizione di principio. La
vita sulla Terra c’è, dunque la probabilità della sua esistenza è di 1 su 1. In
ogni caso, se disponessi di 20 miliardi di anni per provare ad estrarre in
sequenza dieci monetine numerate dalla mia tasca, la probabilità di riuscirci
almeno una volta sarebbe molto buona. Ma perchè perdere tempo a sgretolare l’argomento
dell’improbabilità, quando si può usare la mazza da fabbro? “… l’improbabilità in sé stessa non
dimostra nulla. Nel gioco del bridge, la probabilità di ricevere una
particolare mano di carte è inferiore a 1 su 600 miliardi, e questo vale per
qualsiasi combinazione di carte. Nonostante ciò, sarebbe assurdo se qualcuno,
dopo avere ricevuto le carte, le esaminasse attentamente, calcolasse che la
probabilità di riceverle è meno di 1 su 600 miliardi, e ne deducesse,
considerata l’improbabilità di quella particolare mano, che non può essere
stata distribuita a caso.” -- John Allen Paulos, Innumeracy: Mathematical
Illiteracy and its Consequences I sistemi ecologici e ciò che chiamiamo “istinto
animale” hanno delle spiegazioni naturalistiche e meccaniche? Ovviamente.
Queste spiegazioni dimostrano l’assenza di un progetto? Ovviamente no. Così
come l’esistenza dei sistemi ecologici e dell’istinto animale non dimostra la
presenza di un progetto. È necessario presupporre un dio per spiegare la
comparsa della ragione umana, con la sua capacità di immaginare un essere
infinito? Ovviamente no. Questo significa forse che Dio non esiste? Ovviamente
no, ma significa che l’argomento del progetto è poco più che una petizione di
principio. Ha bisogno, per dimostrare che esiste un progetto, di presupporne
l’esistenza. IL SENSO DELLA VITA
Il teista crede che la vita abbia un senso solo se un
dio esiste, ma allora come mai appare così ovvio ad un ateo che qualunque cosa
abbia un senso (se non addirittura di più!) se non esiste alcun dio?? Perchè
l’universo sembra perfettamente comprensibile a un ateo come un meccanismo
regolato solamente da forze naturali e impersonali?? Un ateo osserva l’universo e quel che se ne conosce,
e registra che tutta questa presunta perfezione ed ordine sono invece alquanto
imperfetti. Prendendo in esame particolari oggetti o elementi, ne osserva
eventualmente l’ottima funzionalità, ma discutibile struttura o composizione,
chiedendosi perciò se un essere onnisciente li avrebbe creati proprio in quel
modo. Come si chiedeva Russell, chi non se ne verrebbe fuori con un mondo
migliore di questo se fosse dotato di onnipotenza, onniscienza e qualche
miliardo di anni di tempo a disposizione?? Da un essere del genere ci si
potrebbe benissimo aspettare un progetto più semplice ma più efficace sia per
l’universo intero che per le sue infinite componenti. La stessa complessità e
gli stessi difetti intrinseci dimostrano, come osservato da Clarence Darrow,
l’assenza di un progetto e la risultanza da forze e processi naturali operanti
senza alcune specifica finalità. Potreste utilizzare una complicata ganascia
per tenere insieme qualche foglio di carta, ma una graffetta metallica è un
modo decisamente più elegante per conseguire lo scopo. Le orbite dei pianeti
intorno al nostro sole sono una meraviglia da contemplare, ma la fascia degli
asteroidi e meteoroidi e comete che si schiantano sui pianeti sono una bizzarra
aggiunta da parte dell’onnipotente e benevolo creatore. Un bimbo sano non ha
rivali in vitalità e speranze, ma due gemelli siamesi ed altri “scherzi di
natura” per non parlare dei mille altri difetti congeniti, sembrano mal
conciliarsi con un benevolo progetto
divino. L’ateo vede una donna con qualche chilo di masse tumorali e si chiede
come un male così grottesco sulla Terra possa essere consentito da una divinità
buona e onnipotente, ma la malata e suoi parenti crederanno che Dio abbia
assistito i chirurghi nel rimuovere il tumore a salvare una vita, invece di
biasimarlo per la sua responsabilità in tutto ciò. Potrebbero persino sostenere
che Dio avesse un qualche nobile fine nel causare tanta sofferenza. Per l’ateo
simili ragionamenti non sono altro che ipotesi ad hoc. La tipica risposta teistica a quanto appena osservato è di considerarlo non pertinente: Dio non è vincolato all’umana concezione della perfezione o della qualità di un progetto; ciò che può sembrare inelegante, inefficiente o imperfetto a noi potrebbe andare assolutamente bene a un dio. Ma seguendo questa strada non possiamo semplicemente dire niente di alcuna divinità. Io sostengo che lo standard minimo cui un dio dovrebbe attenersi corrisponde a quanto un gruppo di umani intelligenti e ragionevolmente competenti proporrebbe: se questo dio non sa fare di meglio, allora non ha alcun senso applicargli il concetto di “perfezione”. Se si vuole sostenere che le vie del Signore sono sostanzialmente imperscrutabili, allora si ammette tutto, e in un caso simile Dio potrebbe essere associato a qualunque cosa, anche alla pura essenza del male. |
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Last
updated 11/21/10 |